Ernesto Lamagna - Lo scultore degli Angeli




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Scultore appassionato e sensibile. Ernesto Lamagna è un maestro autentico che vive nella sua esperienza, in costante lotta con una materia che sembra sempre il risultato di un'ardua sfida costantemente rinnovantesi e costantemente vinta, la grande questione della dialettica tra Tradizione e Modernità, due termini verso i quali Lamagna nutre lo stesso profondo rispetto e lo stesso inestinguibile affetto.

Lamagna rientra in quella categoria di artisti che non possono creare se non in preda a un formidabile impulso emotivo e sentimentale. Assume su di sé un tema, un argomento, come se dovesse estrarne ogni possibile implicazione. Il dominio della tecnica, che in lui è ferreo, è solo uno degli strumenti con cui si avvicina alla formulazione dell'opera compiuta. C'è, anzi, un'altra interessante categoria di artisti, in tal senso, in cui Lamagna deve essere collocato, ed è quella degli artisti che sanno sempre e comunque quando l'opera che stanno creando è “finita”. Non è una questione da poco rispetto al terna della Modernità.

Sovente l'idea del “moderno” è un escamotage per cavarsela da quei punto di vista, cioè dal punto di vista della finitezza dell'opera. Sono passati oltre quarant'anni da quando teorici consapevoli e raffinati, primo fra tutti Umberto Eco, si misuravano, alcuni con somma intelligenza altri con sconfortance banalità, sull'argomento dell' “opera aperta”, dell'opera d'arte, cioè, non chiusa in sé ma, pur compiuta, aperta a ulteriori e sticcessive implicazioni, intendendosi un tale aspetto quale quintessenza, appunto. del “moderno”.

E l'argomento non è di poco conto, anzi è molto serio. Ma è logico che ci si può facilmente scherzare sopra. riducendo la questione, filosoficamente ed esteticamente rilevante, a una giustificazione facile e indiscutibile per poter fare qualunque sciocchezza in campo artistico, senza provare poi alcun rimorso per la propria incapacità.

Se si esamina il cospicuo corpus dell'opera di Lamagna si vede bene come il maestro abbia la chiara attitudine a lasciare intatta entro l'opera tutta quella carica emotiva che mantiene il suo lavoro sulla soglia sospensione della Vita stessa. Ma Lamagna sa anche consapevolmente chiudere la stesura nel punto in cui la forma realizzata lo è effettivamente e l'opera non è ulteriormente perfettibile.

Questa attitudine, spontanea e nel contempo coltivata, ha portato Lamagna a osare molto sul piano della forma e dei contenuti, perché egli è conscio della sua energia creativa che non ammette di essere compressa nella regola classica ma sa dettare le proprie regole.

Affronta, così, il tema sacro e quello profano con lo stesso sacrale rispetto per l'opera d'arte in sé e questa mostra, che annovera opere insigni del maestro, dà l'esatta misura della sua capacità, della freschezza della sua ispirazione, della bellezza delle sue cose, mai ridondanti o esornative ma sempre intimamente pensate e fortemente formulate.

Lamagna ha affrontato e vissuto il dramma della Scultura nel nostro tempo perché non c'è dubbio che, essendo la Scultura l'arte che maggiormente gareggia con la vita, in ogni epoca, è l'arte forse più massacrata dal nostro tempo che rifiuta questo tipo di approccio con l'arte in sé. Di questo massacro Lamagna è consapevole e tutta la sua opera è una risposta energica e fiduciosa alla questione. Non rinunciare a se stessi ma affrontare orgogliosamente le sfide della nostra epoca, sembra questa la lezione sostanziale che Lamagna ha affidato alle sue opere e ai suoi numerosi allievi che hanno verso il maestro quella devozione e quell'affetto che sono forse la migliore garanzia della bontà del suo lavoro.

Claudio Strinati
Soprintendente Speciale per il Polo Museale Romano