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L'opera di Lamagna, frutto di una riflessione religiosa sulla condizione dell'uomo contemporaneo, è emblematica di una sensibilità che, opponendosi all'attuale dimensione prometeica in cui l'uomo è costretto a derubare gli dei per riscaldarsi e morire subito dopo dilaniato, vede nella divinità il Padre che, per aiutare la sua creatura, gli pone accanto un'altra creatura tortissima ma incorporea. La riflessione che Lamagna da anni dedica a questa figura muove dalle Scritture, ricapitola la sapienza medievale e l'amore per la vita dell'Umanesimo per approdare alle spettacolari rappresentazioni secentesche, che rendono comprensibili all'esterno il rigore severo ed esclusivo degli esercizi spirituali. Il mistero non può essere svelato; lo scultore, pur essendone consapevole, lo ripropone perché è convinto che solo un atto di fede nell'impossibile del mito ci restituirà la speranza della profezia, riducendo la frattura fra passato e futuro causata dall'eterno presente del nostro tempo. La figura angelica diventa così forma pura: anche se spogliata della sua sostanza conoscitiva mantiene intatta la sua capacità figurativa ed invia un messaggio universale. Ed è questo il punto di forza dell' Angelo di Lamagna: la conservazione di un'identità formale forte in un momento di quietismo estetico fondato sulla serialità consumistica. Ma l'Angelo di Lamagna è soprattutto il frutto del lavoro umano: con le sue forme quasi impalpabili ci ricorda che anche una figurazione eterea ed alata non può non passare attraverso il travaglio dell'artista per diventare, da materia informe, scultura. Vitaliano Tiberia |